martedì 22 agosto 2017

La relazione... fra ragione ed emozione

di Barbara Bertelli, psicologa e psicoterapeuta




Capita sempre più spesso - agli addetti ai lavori e non solo - di imbattersi in pubblicazioni riguardanti ricerche in ambito neuroscientifico. Tra queste vorrei segnalare il libro di G. Corbellini e E. Sirgiovanni dal titolo "Tutta colpa del cervello. Una introduzione alla neuroetica" edito da Mondadori Università. Il testo affronta l'impatto che le ricerche sul cervello stanno avendo in diversi ambiti, non solo in quelli medico sanitari, ma anche sociali e perfino giudiziari. Il merito principale e specifico della neuroetica è, a parer mio, quello di aver dimostrato, attraverso l'utilizzo di metodologie sperimentali e conoscenze scientifiche, quanto contino moralmente le emozioni e che a guidarci nelle decisioni e nelle azioni sono disposizioni e motivi inconsci a livello biologico anche profondo. Due gli effetti pragmatici di tale considerazione:
  1. il superamento della polarizzazione, dell’approccio dicotomico e gerarchico tra emozioni e ragione, con le sue irrealistiche conclusioni, in favore di modelli integrativi e più concreti, non assolutistici;
  2. l'attribuzione di rigore epistemologico alle discussioni di carattere morale e psicologico.
E l'indagine scientifica non fa che conferire legittimità a teorie psicologiche e deduzioni cliniche psicoteraputiche ben note da tempo. Mi riferisco, ad esempio, alla nozione di mente teorizzata da G. Bateson (1979) secondo la quale essa si presenta come processo interattivo non collocabile in nessuna componente dell'organismo (scatola cranica, anima, personalità) ma in una untià più ampia strettamente connessa all'ambiente. La sua impostazione ecologico-relazionale comporta che parole ed azioni assumano significato solo entro quadri più generali di riferimento, ovvero, i contesti.
Mi riferisco, in generale, alla natura "sistemica" dell'uomo.