domenica 19 aprile 2020

Il passaggio all’online: una svolta importante per la psicoterapia. Ecco i primi risultati della nostra indagine sul cambio di setting terapeutico a un mese e mezzo dal lockdown

a cura di G. Manfrida, E. Eisenberg e V. Albertini



Come è stato per gli psicoterapeuti cambiare improvvisamente modalità di organizzare e gestire le sedute, nel passaggio da incontri faccia a faccia a modalità online? Come hanno proposto questo cambiamento, quali sono state le reazioni, che differenze hanno trovato, come pensano di fare in futuro? Qui trovate il link ai primi risultati della nostra indagine, svolta da Valentina Albertini, Gianmarco Manfrida ed Erica Eisenberg del Centro studi e Applicazione della Psicologia Relazionale di Prato.

Per leggere la ricerca clicca sul link:


https://www.slideshare.net/CSAPRPrato/il-passaggio-allonline-una-svolta-importante-per-la-psicoterapia-ecco-i-primi-risultati-della-nostra-indagine-sul-cambio-di-setting-terapeutico-a-un-mese-e-mezzo-dal-lockdown

mercoledì 15 aprile 2020

Cosa ci serve per affrontare questa emergenza?

a cura di Gagliardi Simona, Psicologa, Psicoterapeuta 



Una domande sembra circolare più o meno esplicitamente in queste settimane in pagine e siti psicologici: cosa serve per offrire sostegno ai cittadini ed ai sanitari che, come noi, stanno vivendo e gestendo questa sconvolgente emergenza sanitaria?

E’ molto importante riconoscere le competenze e le esperienze specifiche di chi fra noi si è formato in psicologia dell’emergenza, psicotraumatologia e/o nella psicoterapia EMDR, discipline appassionanti e valide. Ci sono indubbiamente contributi preziosissimi e focus specifici su come intervenire in contesti di disastri naturali, incidenti, aggressioni fisiche, violenze sessuali ecc. In questi contesti, come sempre, anche la ‘sola’ comunicazione della notizia di morte necessita tutte le attenzioni e la formazione specifica per il personale socio sanitario coinvolto, a tutela di chi sta vivendo il lutto ed a tutela dello stesso operatore.

In questo periodo, ad esempio, è sicuramente molto importante parlare e soffermarsi sugli effetti della traumatizzazione vicaria, che può essere anche nostra, presente anche nel DSM-V, valutando l’alto impatto traumatico che il personale sanitario sta vivendo in questi giorni: turni continui, che richiedono di rimanere comunque sempre in una posizione di attivazione ed azione ma in un contesto dove mancano protocolli noti, procedure e dispositivi di protezione. Un momento dove la vicinanza ed il contatto stesso con il paziente, fonte di conforto e sicurezza reciproca-pensando anche all’importanza della semeiotica- sono un rischio. Un momento dove il personale non si confronta neppure con i familiari dei pazienti se non telefonicamente. E dove possiamo solo immaginare cosa si sta vivendo dall’altra parte della cornetta.
La domanda iniziale è forse relativa; in questo momento credo sia fondamentale più che mai la nostra umanità, la nostra capacità di sentire ed entrare in contatto con l’altro. Poi certamente sono necessarie e molto importanti la nostra formazione, la nostra esperienza clinica ed il nostro continuo e costante aggiornamento professionale. Contano la conoscenza dell’impatto del trauma (dal greco ferita) e dello stress sulla salute e sulla psiche, con riferimento alle esperienze traumatiche (trauma con la T maiuscola) in cui il soggetto ha provato assistito o si è trovato di fronte ad un evento potenzialmente mortale, con pericolo di morte o di gravi ferite, o ad una minaccia alla propria integrità fisica o a quella di altri in cui il soggetto può sperimentare emozioni di paura, vulnerabilità ed orrore e rispondere con reazioni di attacco, fuga, paralisi e resa; ma vanno considerati anche gli eventi relazionali (trauma con la t minuscola), che non sono una minaccia all'integrità fisica ma alle rappresentazioni del sé; ed ancora i nostri modelli teorici, il patrimonio di conoscenze di neuroscienze, l’attenzione agli effetti delle esperienze infantili sfavorevoli.
Nello specifico rispetto al trauma ed alle esperienze traumatiche l’evidenza che conosciamo in modo chiaro, con basi scientifiche, è che non c’è stata elaborazione. Le informazioni collegate all'esperienza sono rimaste in una stasi neurobiologica, in una rete neurale con le stesse emozioni, convinzioni, sensazioni fisiche del momento dell’evento. Semplificando sono rimaste bloccate nella parte del cervello più antica e non sono arrivate alla neocorteccia. Non è stata usata la parola; manca la dimensione narrativa dell’esperienza. C’è quindi una storia che non è stata raccontata e non può svilupparsi su nuove trame.
Quello che sappiamo e che ci guida da sempre è che “la relazione ammala, la relazione cura”. È questo il nostro mestiere.
Forse nei nostri studi ci aspetteranno da affrontare, dopo questa emergenza, molti più lutti complessi, crisi depressive, relazionali e familiari, sintomatologie ansiose e post traumatiche ecc. Come sempre cercheremo di offrire, con con-tatto, calore, calma e competenza, uno spazio per esprimere la paura ed il dolore, connettendo emozioni, pensieri, sensazioni, scoprendo discrepanze, portando alla luce segreti e non detti, alla ricerca di risorse per iniziare a raccontare nuove storie. Con quello che sappiamo, che possiamo e che abbiamo a disposizione da sempre: la parola e la relazione terapeutica.



Riferimenti

Cancrini L. (2013).La cura delle infanzie infelici. Milano: Raffaello Cortina Editore
Di Caro S. (2017). La psicoterapia del distacco. Roma: Alpes
Manfrida G. (2014) La narrazione psicoterapeutica. Invenzione, persuasione e tecniche retoriche in terapia relazionale. Milano: Franco Angeli
Van Der Kolk B. (2015). Il corpo accusa il Colpo. Milano: Raffaello Cortina Editore https://emdr.i

martedì 7 aprile 2020

Distacco, perdita delle relazioni e lutto durante l'emergenza coronavirus



a cura di Marzia Donati, Psicologa, Psicoterapeuta



In un periodo in cui il tema della morte è prepotentemente quotidiano, il webinar della dottoressa Sonia Di Caro, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Toscana, si è reso ancor più attuale del solito e ha arricchito la tematica del distacco di sfaccettature preziose dal punto di vista clinico.
Come psicoterapeuti siamo da sempre chiamati a supportare le persone nell’elaborazione dei loro lutti, sia quelli derivanti dalla morte fisica di persone significative, sia quelli figurati per prospettive interrotte, investimenti falliti e sogni infranti.
La dottoressa Di Caro, con chiarezza e professionalità, ha iniziato il suo intervento con la descrizione degli aspetti e dei contributi teorici, delle differenze tra assenza e mancanza, tra lutto e cordoglio, delle fasi dell’elaborazione del lutto, dell’importanza dei rituali e delle cerimonie dell’addio, per poi definire il “lutto patologico” nelle sue varie forme. Ha quindi illustrato alcune delle tecniche che si possono utilizzare in terapia per accompagnare i pazienti nel percorso di elaborazione, strumenti descritti anche nel suo toccante (e illuminante) libro “La psicoterapia del distacco”.
Esempi clinici e piccoli frammenti dell’esperienza personale hanno arricchito l’intervento della Direttrice del CTR di Catania, riportando i partecipanti alla dimensione umana della perdita. Difficile non emozionarsi e non far correre la mente a un nostro lutto, a quel dolore e ai cambiamenti successivi, a una mancanza o un’assenza già vissute, alla paura per la mancanza futura di qualcuno che ci è caro.
Ed è lì, come ha detto all’inizio del webinar la dottoressa Maria Antonietta Gulino, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, citando Vittorio Lingiardi, che il nostro lavoro di terapeuti si intreccia con la vita privata di ciascuno di noi: “Chi sceglie una professione di aiuto spesso lo fa perché conosce il dolore. Diventerà un guaritore ferito. Quindi chi cura va curato, chi accudisce va accudito. E questo sarà il compito di altri guaritori feriti che sono gli psicologi e gli psicoterapeuti.
La condivisione del dolore di cui ha parlato la Di Caro è (e sarà) la condizione necessaria per una sana elaborazione del lutto: le persone, adesso, muoiono sole e chi resta affronta il dolore della perdita altrettanto solo, senza poter ricevere il sostegno o l’abbraccio dei familiari e senza poter dare un ultimo saluto, mancano i consueti rituali che permettono l’esame di realtà e la vicinanza della comunità. Oggi, più che mai, non ci si può preparare al commiato. La traumaticità della morte al tempo del Coronavirus non sarà facile da affrontare. “Date parole al dolore”, insegna Cancrini, e la dottoressa Di Caro aggiunge “toccate con mano quel dolore e trovate un modo per farlo con-dividere, in modo che diventi sopportabile”, tenendo presente che “quando si affronta il lutto in terapia serve una mente fredda e un cuore caldo”. Serve lucidità, capacità di osservazione e di auto-contenimento, per non farsi travolgere, un’analisi accurata della situazione concreta, ma anche una partecipazione vera, profonda e rispettosa dell’altro. Ci ricorda, nuovamente, che le tecniche aiutano, ma la relazione cura.
Alla fine di questa emergenza dovremo essere ben attenti a cercare un possibile lutto fra le pieghe dei sintomi che porteranno le persone in terapia. La dottoressa Di Caro ci ha invitato ad andare oltre le “realtà banali e dominanti” di cui Manfrida parla, e a non sottovalutare il peso delle perdite (avvenute in questi mesi) nella vita dei pazienti, forse anche tra un bel po’ di tempo, per accompagnarli in un’elaborazione che permetta loro di tornare alla vita.
Ci serviranno una mente fredda, un cuore caldo e tanta umanità. Come sempre, più di sempre.


giovedì 2 aprile 2020

La (sostenibile?) stanchezza dell'online

a cura di Valentina Albertini, Psicologa, Psicoterapeuta, didatta CSAPR


Il passaggio al setting virtuale per l'emergenza Coronavirus 


Il momento presente ha obbligato tutti (o quasi) gli psicoterapeuti a passare a modalità online di lavoro con i propri pazienti. Più o meno ciascuno ha sperimentato il cambiamento: sia i colleghi già pratici, che quelli un tempo scettici, i quali per corrispondere ai vari decreti ministeriali si sono visti costretti ad informarsi velocemente e a tecnologizzarsi con rapidità.

Rispetto a questa comprensibile necessità abbiamo ricevuto molte domande e chiarimenti da colleghi neofiti del virtuale.  

In queste ultime settimane, si osserva infatti nel web un pullulare di consigli, la maggior parte dei quali incentrati su dinamiche tecnologiche o burocratiche, che sono ovviamente importanti, ma non bastano per garantire un buon setting online. Ovviamente mantenere intatte tutte le regole del Codice deontologico, nonché tutte le accortezze riferite alla normativa della privacy è essenziale, così come garantire l'utilizzo di strumenti online che utilizzino una crittografia end-to-end e possano garantire una certa sicurezza nelle comunicazioni (Skype, videochiamate con Whatsapp, google duo ecc...). Ma bastano questi elementi per garantire che online si faccia una terapia? sarebbe come se in un incontro faccia a faccia rispettate le regole di legge e le indicazioni dell’Ordine la terapia fosse già garantita. 
E invece, ancora una volta, il nostro mestiere si scopre speciale, e sente la necessità di adattare alla propria specialità uno strumento di comunicazione quotidiano, che in questo momento viene utilizzato da bambini e anziani, nord e sud, mattina e sera. 

Noi al Csapr di Prato studiamo da anni la modalità online di comunicare e fare psicoterapia, e ci siamo convinti nel tempo che il passaggio fra setting diversi non sia una questione semplicemente tecnica, ma afferisca a dinamiche cliniche alle quali bisogna fare molta attenzione. 

Vista quindi la necessità di riflettere su aspetti di pratica clinica, ci preme dare la nostra opinione sottolineando, seppure con semplicità, i primi punti essenziali da tenere conto se ci si approccia a questa nuova modalità. 

In fondo a questo elenco viene indicata una bibliografia di riferimento, che suggeriamo di approfondire. 

Brevi indicazioni cliniche


1. Prima di tutto vale la pena sottolineare di nuovo che la differenza fra terapia online e in presenza è principalmente clinica. Non basta imparare a conoscere una piattaforma o avere i moduli privacy adatti. E' necessario valutare le proprie competenze e, perché no, anche le proprie insicurezze. La letteratura condivide infatti l'idea che la terapia online non sia un setting più facile, ma sia in realtà una situazione relazionale più complicata da gestire. Bene quindi proporsi come specialista solo quando si sia acquisita abbastanza confidenza con lo strumento.

2. È importante valutare bene l'opportunità o meno di attivare un percorso online. Questo tipo di percorso può non essere adatto a tutti i pazienti, e la sua applicabilità va valutata caso per caso. Quasi tutti i colleghi hanno sperimentato la difficoltà di proporre un cambiamento da sedute in presenza a sedute online per alcuni pazienti. 

La motivazione primaria per rinunciare alla terapia in questo momento è sicuramente la difficoltà a ritagliarsi spazi di privacy sufficiente all'interno delle mura domestiche. Ciò non toglie che alcuni pazienti, probabilmente meno motivati o inseriti in percorsi terapeutici più complicati, possano cogliere questa occasione per interrompere le sedute. Non scoraggiamoci: sta succedendo a tutti. 

3. La terapia online non è una terapia di "serie B". Per questo, anche il pagamento deve essere uguale a quanto era in presenza, per non squalificare il setting e il nostro lavoro. Quella del pagamento è infatti una delle prime domande che chi si approccia all'online pone, quasi a chiedersi se il proprio lavoro avrà lo stesso valore una volta traslato nell'etere. La risposta è sì: il vostro tempo e la vostra preparazione non cambiano. Anzi, come vederemo, ci saranno maggiori difficoltà piuttosto che facilitazioni nel passaggio all'online.

4. La terapia online non è uno strumento più "facile". Attenzione quindi a suggerirà a giovani terapeuti come modalità semplice ed economica di avvio alla professione. I colleghi che utilizzano questa modalità, condividono la necessità di conoscere bene la gestione del setting in presenza prima di passare alla modalità online. Ci possono essere infatti molte più cose da osservare e differenti dinamiche relazionali da gestire in un setting online, nel quale senza volerlo la nostra "invasione" nello spazio privato del paziente è maggiore, e ci sono alcuni elementi tipo la parte emotiva, certe sfumature della voce o del comportamento non verbale, che diventano di più difficile accesso.

5.I pazienti si trovano in un luogo per loro familiare. Può essere quindi necessario stabilire alcune regole. Ad esempio, trovarsi in una stanza chiusa senza che nessuno possa disturbare, non stare sdraiati sul letto o in pigiama, non magiare o fumare durante la seduta, ecc.. Qualsiasi regola che possa far stare comodi entrambi andrà bene, purché venga esplicitata e, se necessario, se ne parli insieme in seduta. 

Servono delle regole per far sì che tanta familiarità con l'ambiente non condizioni troppo il lavoro terapeutico. Se la maggior parte dei colleghi non ha problemi a vedere il paziente che fuma o prende un caffè, ci sono alcuni elementi che vanno mantenuti. La maggior parte dei colleghi concorda per esempio nel richiedere un abbigliamento consono (no in pigiama, per esempio), e una situazione comoda ma non esagerata (ad esempio, no sdraiati sul letto). Queste sono tutte variabili che avranno bisogno di essere concordate con il paziente prima del passaggio ad un setting online.

6. Il setting online non è una semplice trasposizione di quello in presenza. Ci sono variabili nuove da osservare, a partire dal fatto che c'è una grande intrusione nella quotidianità del paziente. Ci saranno molte variabili da valutare, ad esempio il fatto che il video porterà la nostra faccia così vicina a quella del paziente come mai prima, oppure che potrebbero esserci delle particolari "intrusioni" o sorprese (animali domestici che partecipano alla seduta, familiari che si affacciano e vengono presentati al terapeuta, tour dell'appartamento ecc.). Ogni cosa, ogni particolarità potrà venire utilizzata in terapia. 

7. La terapia online è più stancante di quella in presenza. Questa è una caratteristica che tutti i terapeuti che si interfacciano al virtuale sperimentano. Probabilmente sarà difficile mantenere lo stesso numero di pazienti che siamo soliti vedere in presenza. Si consiglia quindi di aumentare il numero di pause fra un paziente e l'altro, e di evitare il sovraccarico di lavoro, che sarà più difficile da gestire. Probabilmente questa stanchezza si rifà a quanto scritto nei punti precedenti, cioè le differenze di setting e di ambiente che diventano dirimenti al momento del lavoro online.

8. L'online può essere un buono strumento da utilizzare anche per la terapia di coppia. Ovviamente tutti gli aspetti di fisicità saranno ridotti, quindi strumenti come le sculture, o alcuni protocolli, non saranno applicabili. Ciò nonostante, soprattutto in questa epoca emergenziale, può essere un valido aiuto non interrompere il lavoro di coppia e continuarlo in modalità online.

9. Esistono buone esperienze di setting familiare online. Prima dell'emergenza, l'online era stato utilizzato da molti per convocare in seduta membri che non vivevano vicini.

In questa situazione emergenziale, anche le sedute familiari possono svolgersi online, tenendo conto di alcuni accorgimenti, tipo l'importanza di stabilire chiare regole per parlare, per evitare che la seduta si trasformi in un caos. 

Sembrano esistere limitazioni particolari solo per coloro che svolgono sedute individuali con bambini. La fisicità limitata e l'impossibilità di fare qualsiasi attività motoria rendono questo tipo di sedute pressoché impossibili da svolgersi online.

10. Il setting del terapeuta, laddove possibile, sarebbe meglio restasse lo stesso delle sedute in presenza. Se non è possibile recarsi in studio, sarebbe importante creare un luogo più neutro possibile. Teniamo comunque presente che la self disclosure, lavorando dalla propria abitazione, sarà comunque inevitabile. È importante gestirla il più possibile, evitando per esempio di essere disturbati mentre si è in seduta, o di mettere la Webcam davanti alle fotografie della propria famiglia rendendo accessibili troppi contenuti personali ai pazienti. 



Nonostante questo elenco possa sembrare semplice, tutti i colleghi che da anni studiano le modalità di lavoro online concordano sul fatto che questa è una modalità clinica molto difficile. 

Invitiamo quindi chiunque fosse interessato ad approfondire questo tema complesso, può visionare la seguente indicativa bibliografia.


Breve bibliografia di riferimento


AA.VV. (2017). Stato dell’arte della ricerca scientifica sulle prestazioni psicologiche 
OPL-2017-definitivo-300817.pdf.

Borcsa M., Pomini V. (2018). Couple and Family Therapy in the Digital Era, in 
Lebow J.L., Chambers A.L., Breunlin D.C. (a cura di) (2018). Encyclopedia of 
Couple and Family Therapy. New York: Springer.

Giuliani M. (2012). Ipotesi sul Sé: dalla psicoanalisi al virtuale. In Barbetta P., 

Casadio L., Giuliani M. (a cura di). Margini. Tra sistemica e psicoanalisi. Torino: Antigone. 

Giuliani M. (2015). Il primo terremoto di internet. Trani: Durango Edizioni. 

Giuliani M. (2019). La terapia online, in Barbetta P., Telfener U. (a cura di) (2019).  Complessità e psicoterapia. L’eredità di Boscolo e Cecchin. Milano: Raffello Cortina.

Manfrida G. (2009). Gli SMS in psicoterapia. Torino: Antigone. 


Manfrida G., Albertini, V. (2014). “Una professione per niente software. 
Considerazioni sulla pratica relazionale attraverso nuovi canali di comunicazione”. 
Psicobiettivo, 3: pp. 15-32. DOI: 10.3280/PSOB2014-003002. 


Manfrida G., Albertini V., Eisenberg E. (2017a). “Connected: recommendations 
and techniques in order to employ Internet tools for the enhancement of online
therapeutic relationships. Experiences from Italy”. Contemporary Family 
Therapy, 39: pp. 314-328. DOI: 10.10007/s10591-017-9439-5. 


Manfrida G., Albertini V., Eisenberg E. (2017b). “Connessi: raccomandazioni e 
tecniche per promuovere la relazione terapeutica online con strumenti internet. Esperienze italiane”. Ecologia della Mente, 2: pp. 200-225. 


Manfrida G., Albertini V., Eisenberg E. (2019). “Psychotherapy and Technology: 
Relational Strategies and Techniques for Online Therapeutic Activity”. 
In Linares J.L., Pereira R. (a cura di) (2019). Clinical Interventions in 
Systemic Couple and Family Therapy, Springer Nature, Switzerland. DOI: 
10.1007/978-3-319-78521-9. 

Manfrida G., Eisenberg E. (2007). “Scripta… volant! Uso e utilità dei messaggi SMS in psicoterapia”. Terapia Familiare, 85: pp. 59-82. DOI: 10.1400/94241.


Strumia F. (2014). “Note sulla psicoterapia online”. Psicobiettivo, 34, 3: pp. 51-65. 
DOI: 10.3280/ PSOB-2014-003004.

Vallario L. (2012). “SMS e terapia: le relazioni pericolose”. Ecologia della mente, 
2: pp. 240-252.

Wallace P. (2016). The psychology of the internet, Cambridge, U.K.: Cambridge 

University Press; trad. it. (2017). La psicologia di internet. Milano: Raffaello 
Cortina.