venerdì 10 luglio 2020

La casa di carta

a cura del didatta Giuseppe Roberto Troisi



La casa di Carta oltre ad essere una avvincente serie tv è una storia interessante dal punto di vista sistemico e relazionale per vari motivi.
La storia in breve: un gruppo di fuorilegge, capitanati dal “professore” ingaggia una lotta contro il “sistema” proponendosi come la “resistenza” e organizza un piano, “Il PIANO”, come agente perturbatore del sistema stesso. Loro non sono dei “ladri” bensì dei “partigiani”, facendo riferimento alla storia del padre del professore, ex partigiano spagnolo nella resistenza antifascista italiana. Il Piano non mira a derubare il popolo o la banca, tecnicamente loro non ruberanno niente! Obiettivo ufficiale della loro azione sarà usare la Zecca di stato per stampare soldi, soldi che non esistono e che loro creeranno per metterli a disposizione della gente!
Questa operazione mina alla base le fondamenta del potere dello Stato, il potere di creare e controllare il simbolo della ricchezza, i soldi, e quindi ne attireranno le difese più estreme. Tuttavia loro conoscono i protocolli del sistema e il Piano, studiato da oltre 20 anni, ha previsto tutto il gioco di azioni, reazioni e provocazioni, giocando sempre con almeno 2 mosse di vantaggio, come ogni bravo scacchista sa.
La genialità del Piano, dunque consiste in questo: come un “Virus” loro useranno le enormi risorse dell’organismo “Stato” a loro favore per entrare nella Zecca e, sfruttandone le regole e i limiti procedurali, potranno “rubare” il Tempo, il tempo necessario a stampare i soldi.
Tutto questo costituisce l’ideologia del gruppo messo in piedi dal professore!
Il gruppo è costituito da fuorilegge dalla diversa personalità e storia che, prima di poter agire, deve “imparare” a essere un gruppo nonostante le diverse origini. Per questo il professore li tiene segregati insieme a “studiare” il piano, per diventare una mente omogenea.
Ovviamente le cose andranno come previsto solo fino a un certo punto: dopo alcuni passaggi ben eseguiti, come in una tragedia greca (i cui riferimenti sono espliciti) il Caos irrompe e sconvolgerà la situazione costringendo a improvvisazioni da una parte (la banda) e dall’altra (la polizia), con intrecci sempre più complessi.
Dal punto di vista sistemico relazionale ci sono moltissime riflessioni: innanzi tutto l’azione sistemica, dichiarata fin dall’inizio, di agire come forze sociali “perturbatrici”!
Il professore ha previsto il ruolo fondamentale dell’opinione pubblica. La rapina si dovrà svolgere davanti a due ordini diversi pubblico: il gruppo di ostaggi che, come il Coro Greco, svolgerà un proprio ruolo con tanto di divisa (la tuta rossa e la maschera di Dalì) e il più ampio pubblico della opinione Pubblica (Tv e Social) a cui ammicca per guadagnarne la simpatia.
La narrazione ci porta a comprendere meglio i meccanismi di comunicazione di massa attuali in modo sempre più sofisticato, mostrando la sostanziale coincidenza tra controllo delle informazioni, controllo delle relazioni e potere stesso.
Ci mostra anche come le dinamiche relazionali del gruppo chiuso dentro la Banca fanno saltare le regole di ingaggio scritte dal professore: aspetti narcisistici, movimenti borderline, la paura, incidenti vari porteranno a intrecci sempre più complessi e cambi di ruolo sorprendenti che ci ricordano come le storie emotive non scritte spesso si affermano su quelle razionali ma non contestualizzate ovvero non rispettose delle trame personali di ciascuno.
Ci mostra anche come i sistemi perturbati possono generare soluzioni originali impreviste ma che portano allo stesso risultato per strade alternative e originali. Per certi aspetti si potrebbe dire che gli scrittori e sceneggiatori della serie abbiano avuto in mente Bateson e il concetto di “Mente Ecologica” insieme ai teorici della comunicazione di massa e degli approcci narrativi: l’azione di piccoli agenti perturbatori in punti “caldi” possono provocare uragani inaspettati e imprevedibili!
La storia nella storia della serie è coerente con questo: “la casa di carta”, scritta per la tv spagnola sembrava destinata a chiudersi dopo una poco fortunata seconda stagione.
Tuttavia Netflix la inserisce nel suo catalogo e, nonostante sia in lingua spagnola, attraverso il passaparola ottiene un seguito ampio e di altissimo gradimento tanto che la maschera di Dalì, la tuta rossa (o gialla) e la canzone “Bella Ciao” (in italiano) diventano inni della lotta al “sistema” in numerosi paesi di tutto il mondo.
Probabilmente il professore e la sua banda di fuorilegge hanno toccato lo spirito del tempo più di altre serie, talvolta con aspetti profetici. Invito a guardarla fino alla quarta stagione, quella con più colpi di scena.
Mi auguro di scrivere a breve una seconda parte con l’analisi psicopatologica relazionale dei vari personaggi.