a cura del didatta Giuseppe Roberto Troisi
La casa di Carta oltre ad essere una avvincente serie tv è una storia interessante dal punto di vista sistemico e relazionale per vari motivi.
La
storia in breve: un gruppo di fuorilegge, capitanati dal “professore”
ingaggia una lotta contro il “sistema” proponendosi come la
“resistenza” e organizza un piano, “Il PIANO”, come agente
perturbatore del sistema stesso. Loro non sono dei “ladri” bensì
dei “partigiani”, facendo riferimento alla storia del padre del
professore, ex partigiano spagnolo nella resistenza antifascista
italiana. Il Piano non mira a derubare il popolo o la banca,
tecnicamente loro non ruberanno niente! Obiettivo ufficiale della
loro azione sarà usare la Zecca di stato per stampare soldi, soldi
che non esistono e che loro creeranno per metterli a disposizione
della gente!
Questa
operazione mina alla base le fondamenta del potere dello Stato, il
potere di creare e controllare il simbolo della ricchezza, i soldi, e
quindi ne attireranno le difese più estreme. Tuttavia loro conoscono
i protocolli del sistema e il Piano, studiato da oltre 20 anni, ha
previsto tutto il gioco di azioni, reazioni e provocazioni, giocando
sempre con almeno 2 mosse di vantaggio, come ogni bravo scacchista
sa.
La
genialità del Piano, dunque consiste in questo: come un “Virus”
loro useranno le enormi risorse dell’organismo “Stato” a loro
favore per entrare nella Zecca e, sfruttandone le regole e i limiti
procedurali, potranno “rubare” il Tempo, il tempo necessario a
stampare i soldi.
Tutto
questo costituisce l’ideologia del gruppo messo in piedi dal
professore!
Il
gruppo è costituito da fuorilegge dalla diversa personalità e
storia che, prima di poter agire, deve “imparare” a essere un
gruppo nonostante le diverse origini. Per questo il professore li
tiene segregati insieme a “studiare” il piano, per diventare una
mente omogenea.
Ovviamente
le cose andranno come previsto solo fino a un certo punto: dopo
alcuni passaggi ben eseguiti, come in una tragedia greca (i cui
riferimenti sono espliciti) il Caos irrompe e sconvolgerà la
situazione costringendo a improvvisazioni da una parte (la banda) e
dall’altra (la polizia), con intrecci sempre più complessi.
Dal
punto di vista sistemico relazionale ci sono moltissime riflessioni:
innanzi tutto l’azione sistemica, dichiarata fin dall’inizio, di
agire come forze sociali “perturbatrici”!
Il
professore ha previsto il ruolo fondamentale dell’opinione
pubblica. La rapina si dovrà svolgere davanti a due ordini diversi
pubblico: il gruppo di ostaggi che, come il Coro Greco, svolgerà un
proprio ruolo con tanto di divisa (la tuta rossa e la maschera di
Dalì) e il più ampio pubblico della opinione Pubblica (Tv e Social)
a cui ammicca per guadagnarne la simpatia.
La
narrazione ci porta a comprendere meglio i meccanismi di
comunicazione di massa attuali in modo sempre più sofisticato,
mostrando la sostanziale coincidenza tra controllo delle
informazioni, controllo delle relazioni e potere stesso.
Ci
mostra anche come le dinamiche relazionali del gruppo chiuso dentro
la Banca fanno saltare le regole di ingaggio scritte dal professore:
aspetti narcisistici, movimenti borderline, la paura, incidenti vari
porteranno a intrecci sempre più complessi e cambi di ruolo
sorprendenti che ci ricordano come le storie emotive non scritte
spesso si affermano su quelle razionali ma non contestualizzate
ovvero non rispettose delle trame personali di ciascuno.
Ci
mostra anche come i sistemi perturbati possono generare soluzioni
originali impreviste ma che portano allo stesso risultato per strade
alternative e originali. Per certi aspetti si potrebbe dire che gli
scrittori e sceneggiatori della serie abbiano avuto in mente Bateson
e il concetto di “Mente Ecologica” insieme ai teorici della
comunicazione di massa e degli approcci narrativi: l’azione di
piccoli agenti perturbatori in punti “caldi” possono provocare
uragani inaspettati e imprevedibili!
La
storia nella storia della serie è coerente con questo: “la casa di
carta”, scritta per la tv spagnola sembrava destinata a chiudersi
dopo una poco fortunata seconda stagione.
Tuttavia
Netflix la inserisce nel suo catalogo e, nonostante sia in lingua
spagnola, attraverso il passaparola ottiene un seguito ampio e di
altissimo gradimento tanto che la maschera di Dalì, la tuta rossa (o
gialla) e la canzone “Bella Ciao” (in italiano) diventano inni
della lotta al “sistema” in numerosi paesi di tutto il mondo.
Probabilmente
il professore e la sua banda di fuorilegge hanno toccato lo spirito
del tempo più di altre serie, talvolta con aspetti profetici. Invito
a guardarla fino alla quarta stagione, quella con più colpi di
scena.
Mi
auguro di scrivere a breve una seconda parte con l’analisi
psicopatologica relazionale dei vari personaggi.