di Marco Venturelli, psicologo psicoterapeuta.
Le mie esperienze in campo
teatrale sono state un elemento importante della mia crescita
personale e professionale. Negli anni successivi la scelta di
diventare psicoterapeuta e didatta mi ha stimolato e incoraggiato ad
esplorare le connessioni tra la psicoterapia e quella parte del
teatro di ricerca la cui essenza si fonda sulla relazione che si crea
tra attore e spettatore nel tempo presente e nello spazio in cui
l'evento teatrale ha luogo.
Un
teatro vivo,
in cui “recitare” non vuol dire “far finta”, ma essere
presenti in quel momento, attenti nel qui e ora, senza smanie di
protagonismo o inutili esibizioni di abilità tecniche, coltivando
una costante attenzione rivolta a sé e all’altro.
Nel
mio lavoro di terapeuta e di didatta in alcuni casi utilizzo la
“lente” del teatro. Nella didattica in particolare, questo si
traduce nell’utilizzazione di esercizi esperienziali per lavorare e
riflettere sulla persona dell’allievo, un’opportunità aggiuntiva
che può contribuire ad affinare e potenziare aspetti
personali/stilistici del futuro terapeuta. Nel corso degli anni le
necessità formative emergenti dalla relazione con gli allievi mi
hanno stimolato a creare nuovi esercizi.
Mi
piace immaginare la formazione e per certi versi anche l’attività
clinica, come la situazione di chi apprende l’arte di diventare
funambolo: è responsabilità del funambolo più esperto utilizzare
tutti gli accorgimenti possibili per insegnare all’altro a stare in
equilibrio, mentre è compito dell’allievo utilizzare al meglio il
proprio desiderio di apprendere…in fondo entrambi camminano sulla
stessa fune!
Dr. Marco Venturelli,
Psicoterapeuta, Didatta C.S.A.P.R.
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