martedì 21 febbraio 2017

Il ruolo del corpo e della voce nella costruzione di storie alternative

Giuseppe Roberto Troisi, psicologo psicoterapeuta


Nel testo “Verso un’ecologia della mente” Bateson esprime il concetto di “Mente Ecologica”, sottolineando come tutti gli esseri viventi siano in relazione fra loro all’interno del contesto ambientale. Questo significa che ogni espressione del corpo umano in qualche modo influenza e, a sua volta, è influenzato dal sistema ecologico di cui fa parte attraverso processi continui di adattamento. Bateson porta l’esempio del corpo del taglialegna che si adatta al tipo di albero che è solito abbattere. I suoi muscoli, la conformazione del suo corpo, la postura stessa ne sono condizionati, anzi potremmo dire “informati” andando a costituire un sistema “corpo che colpisce - albero” che definisce una relazione che modifica reciprocamente i corpi del sistema.
Il racconto batesoniano mi ha molto affascinato fin dalla mia prima lettura. Mi sono chiesto, perciò, quali elementi del corpo umano siano espressione e, a sua volta, condizionano il modo di stare in relazione, sia dentro che fuori un setting di psicoterapia. 
Per vari motivi, mi sono interessato al ruolo degli aspetti paralinguisitici e delle espressioni del volto nell’influenzare le relazioni.
Come psicologi e psicoterapeuti sappiamo bene quanto sia importante la coerenza fra intenzione comunicativa, atteggiamento corporeo e gli aspetti paralinguistici (che potremmo sintetizzare come habitus vocale); nell’attrarre l’attenzione sul racconto di una storia, tali fattori hanno di gran lunga più importanza dei contenuti stessi narrati.
Abbiamo tutti esperienza di ascolto di storie costellate di eventi drammatici, raccontati con tale monotonia da indurre la noia dopo poche battute. Viceversa, conosciamo persone che, pur raccontando storielle tutto sommato banali, suscitano il riso o l'interesse di intere folle di persone.

Cicerone nel “De Oratore” spiegava che “loratore infatti deve possedere molte nozioni, senza le quali larte del dire si riduce a una pompa di parole vuota e ridicola; deve curare lo stile non solo con la scelta, ma anche con ladatta collocazione delle parole e deve inoltre, conoscere a fondo tutte le passioni che la natura ha dato al genere umano, perché è nel calmare o nelleccitare gli animi degli ascoltatori che si esprimono necessariamente tutta la forza e la bellezza delleloquenza”.

Lo sanno bene i professionisti della voce (per esempio: comici, attori, cantanti, venditori) e lo sanno bene anche gli psicoterapeuti; questi sviluppano delle competenze comunicative  attraverso un lungo training; tuttavia, spesso non tutti sembrano possedere una vera consapevolezza di questo aspetto dell'arte dell’ascolto e della persuasione (Manfrida, 2014). Una voce e un corpo, al di là dei contenuti digitali, oltre a veicolare emozioni diverse, intuitivamente comprensibili, evidenziano una serie di incongruenze che possono guidare il professionista all'ascolto delle parti deboli o nascoste della storia, parti che possono essere quindi usate per individuare le zone d'ombra e ampliare la storia stessa.

Sembrava saperlo bene uno dei padri della psicoterapia moderna: Milton Erickson. Nel libro: “L’uomo di febbraio” viene proposta l’intera trascrizione di quattro sedute condotte nel 1945 e l’intervista sulle sedute stesse da parte di Ernest Rossi allo stesso Erickson. Tale psicoterapia era finalizzata a trattare una infermiera che soffriva di una grave fobia dell’acqua, legata a un trauma infantile mai espresso. Nel corso delle sue “induzioni ipnotiche”, Erickson usa in maniera ripetute certe frasi, ma solo grazie a Rossi, che ne chiede spiegazioni diretta, si capisce che quelle frasi, apparentemente ripetute, sono usate con altezza tonale, intensità e prosodia diverse per raggiungere l’effetto persuasivo voluto.



Erickson: - “Hai visto gli adulti stringersi la mano, non è forse vero? E’ terribilmente difficile ricordare la  prima volta che l’hai vista [la stretta di mano] e che hai capito di che cosa si trattava. E’ terribilmente difficile ricordare la prima volta che hai stretto la mano a qualcuno. E’ molto difficile ricordarlo, il giorno dopo aver stretto la mano a qualcuno per la prima volta. Se dimentichi un certo nunero di cose che ti sono accadute dalla prima volta che hai stretto la mano a qualcuno, ti avvicinerai sempre di più a quel ricordo, no?” (il neretto è presente del testo originale, p. 51).
[…] 
- “Va bene, non è vero? Puoi dire dal tono della mia voce che probabilmente ti piacerò moltissimo”. (p.55)
Rossi al riguardo commenta: ”In questo caso usi un modo di parlare dolce e gradevole, come fanno le persone quando vogliono essere gentili con un bambino. Ciò tende naturalmente a rafforzare lo stato di regressione di età che il soggetto ha assunto.”

E’ interessante notare il riferimento all’uso ad aspetti paralinguistici nella costruzione della relazione e della storia condivisa. Purtroppo l’assenza di audio ci porta a fare solo delle ipotesi di come possa essere stata utilizzata. Probabilmente la voce è stata ammorbidita aumentando l’aria, la prosodia rallentata per favorire la regressione e una miglior sintonia su aspetti di rievocazione dell’infanzia della paziente. Ci rimarrà il dubbio, anche se quel riferimento “puoi dire dal tono della mia voce che probabilmente ti piacerò moltissimo” indica una grande dimestichezza.Noi sappiamo che la voce e il corpo di chi ascolta e poi aiuta a trasformare la narrazione della storia del paziente dovrebbe poter essere libera di vibrare; quando questo non accade significa che qualcosa, nel corpo e nella relazione, sta interferendo e sembra interessante comprendere cosa possa essere il vincolo che interferisce. L’ascolto di queste interferenze comporta una comprensione migliore delle emozioni che entrano in gioco.
Gli studi sugli aspetti paraverbali usano alcuni parametri[1]: timbro, altezza tonale, intensità (o volume), segregati vocali, prosodia e prossemica. (Troisi, 2014)
Tali studi sottolineano come questi parametri non sono mai assoluti e vanno sempre contestualizzati (Eckman, 2009). Per esempio, il suono acuto per altezza tonale indica nel 70% dei casi un turbamento (rabbia o paura); la stessa cala con la tristezza e il dispiacere. Ma non hanno ovviamente mai senso senza la contestualizzazione delle relazioni sonore.
Tutti questi parametri si basano, infatti, sullo studio di come l’aria percorre il “vocal tract”, ovvero il percorso dai polmoni fino all’uscita della bocca e di come tutto il corpo, pensieri ed emozioni siano coinvolti attivamente in questo processo relazionale. Le emozioni provate verso un membro della famiglia o il proprio partner, oppure la percezione di una minaccia, attivano parti diverse del corpo a parità di emozioni suscitate: la piacevolezza del suono della voce del proprio figlio è diversa da quella del partner di cui siamo innamorati; analogamente, dovremmo parlare di tipi diversi di “paure”. Le parti corporee coinvolte sono, infatti, diverse e questo produce un diverso suono secondo i parametri su indicati.
Inoltre, a nostro parere, giocano un ruolo fondamentale le relazionali sonore transgenerazionali: per esempio, lingue, dialetti e lessico familiare comportano un diverso uso nello stile sonoro a partire dalla prosodia e dai segregati verbali; un “ ‘nzu!” (segregato di diniego) pronunciato dal nonno siciliano ha un significato diverso dallo stesso suono pronunciato dalla nonna; questo non solo sul piano sonoro ma anche sulla diversa attivazioni di sensazioni nel corpo del nipote, legato al diverso tipo di relazione familiare.
La complessità del sistema familiare e dei sistemi relazionali in genere possono, dunque, arricchirsi di strumenti di comprensione migliore dei giochi relazionali attuali o interiorizzati attraverso questo ascolto compartecipativo del “tappeto sonoro” della famiglia (Troisi 2016).
Ma questo, ovviamente, richiede un approfondimento a parte.


Bibliografia di riferimento


Bateson G. (1989) Mente e natura Milano: Adelphi
Bateson G. (1976) Verso un’ecologia della mente Milano: Adelphi
Erickson M. H., Rossi E. (1992) “L’uomo di febbraio” Roma: Astrolabio
Ekman P. (2009) I Volti della menzogna Firenze: Giunti
Manfrida G. (2014). La narrazione psicoterapeutica. Milano: Franco Angeli.
Porges S.W. (2014) La Teoria Polivagale: fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dellattaccamento, della comunicazione e dellautoregolazione. Roma: Fioriti Editore,
Troisi G.R. (2014). L’uso del corpo in psicoterapia: applicazioni cliniche e prospettive di ricerca fra corpo, emozioni, relazioni e narrazione. Newsletter SIPPR - comunicazione Congresso SIPPR 2013 http://www.academia.edu/11336144/
Troisi G.R. (2016) La voce la memoria corporea e la relazione in psicoterapia Terapia Familiare, n. 111 Milano: Franco Angeli
Troisi G. R. (2016), Le voci di dentro: trauma, voce e sistemi relazionali interni in Rivista di psicoterapia relazionale n.44 Milano: Franco Angeli


[1] Altezza tonale. È quellattributo della sensazione uditiva per mezzo del quale i suoni possono essere ordinati dal basso verso lalto e che ci permette di distinguere i toni acuti da quelli gravi.
 Intensità o volume. È il carattere che permettere di distinguere i suoni forti da quelli deboli, dipende dallampiezza
delle oscillazioni e varia in funzione della pressione dellaria espirata per lemissione vocale.
Timbro. È il carattere che definisce la differenza del colore del suono e permette di distinguere due suoni aventi stessa intensità e frequenza, ma provenienti da fonti corporee differenti.
Prosodia: si intende il ritmo dell'eloquio ovvero le regole riguardanti la quantità delle sillabe e i loro accenti
Segregati vocali: si intende quelle espresioni vocali (p.e. grugniti, mugugni etc.) che esprimono emozioni in modo spesso involontario, ma noto a chi conosce bene l’interlocutore.

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