Di Francesca Bravi, psicologa psicoterapeuta.
Dal
continuo confronto con colleghi di indirizzo diverso mi sono convinta
che lo sviluppo della nostra disciplina avvenga su piani diversi
secondo necessità opposte: sul piano epistemologico è e resta
indispensabile la diversificazione in approcci e modelli teorici
differenti, mentre sul piano pratico si impone la necessità di
integrare, fondere e mescolare in un'unica amalgama tecniche e
conoscenze sviluppate in seno alle varie correnti, al fine di
esercitare nei nostri studi una psicoterapia sempre più matura,
consapevole ed efficace.
Se
condurre l’investigazione scientifica attraverso una pluralità di
punti di vista permette un più fecondo sviluppo delle conoscenze,
infatti, utilizzare queste ultime secondo un atteggiamento manicheo
che veda ridotta la nostra capacità di intervento all’esercizio di
una pura disciplina di partito, rappresenterebbe un grave
impoverimento per la nostra pratica clinica.
Per
superare lo scetticismo che ancora aleggia intorno alla psicoterapia
siamo chiamati ad affinare con tutti i mezzi possibili le nostre
modalità di intervento, in modo da garantire risultati efficaci per
un numero sempre maggiore di persone in un tempo sempre più
circoscritto, e per raggiungere questo traguardo è necessario
lavorare con tutto l’eclettismo di cui siamo capaci.
Così,
mentre il terapeuta sistemico si avvale di tecniche
cognitivo-comportamentali, strategiche o psicopedagogiche,
l'approccio Sistemico-Relazionale fornisce il proprio decisivo
contributo allo sviluppo della prassi terapeutica attraverso
l'approfondita conoscenza degli aspetti relazionali e l'abilità di
lavorare con essi e su di essi.
Il
Modello Sistemico, seguendo un approccio che “connette”,
mantiene l'attenzione costantemente centrata sul contesto a tutti i
livelli in cui esso si estrinseca. Gli aspetti di personalità
vengono messi in relazione con gli aspetti disfunzionali del
comportamento, il comportamento viene considerato alla luce della sua
patogenesi relazionale (modello di attaccamento, infanzia…) e gli
effetti delle esperienze passate vengono connessi alle dinamiche
interpersonali che caratterizzano il presente, in una visione di
insieme in cui “il complesso spiega il più semplice”.
E'
sufficiente ribaltare quanto appena detto per rendersi conto che, se
le relazioni esperite nel presente riecheggiano dinamiche
responsabili dello sviluppo di tratti personologici, esse non sono
solo il terreno su cui giocare gli interventi legati al superamento
dei sintomi ma, cosa ancora più importante, costituiscono una
diretta via di accesso alla personalità.
La
“circolarità di azioni e retroazioni” che il paziente
stabilisce con il proprio terapeuta, agendo su tutti i meccanismi
patogenetici sia passati che presenti, diviene lo strumento principe
attraverso il quale condurre il processo terapeutico. Il paziente
diventa “co-autore” del percorso e per questo maggiormente
consapevole, coinvolto e motivato.
La
conoscenza di tecniche provenienti da indirizzi diversi permette di
trattare i sintomi descritti in Asse I del DSM-V in modo sempre più
rapido ed efficace con cambiamenti concreti, misurabili e
distintamente riconoscibili.
Il
lavoro sulla relazione, intervenendo sui tratti strutturali
descritti in Asse II, agisce cambiamenti a livello profondo e fissa i
risultati a lungo termine, facendoli diventare permanenti e
generalizzati ai diversi contesti, in una dinamica che rende il
paziente progressivamente più autonomo e indipendente.
L’integrazione
di prassi diverse offre l’opportunità di agire una psicoterapia
sempre più efficace, in tempi sempre più ragionevoli e con
risultati stabili e definitivi. E non c'è niente di più bello che
sentir dire dai nostri pazienti che il percorso con noi è stato il
miglior investimento della loro vita!
BIBLIOGRAFIA
Bateson
G.(1972), Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano.
Bateson
G.(1979), Mente e Natura, Adelphi, Milano.
Linares
J.L.( 2017), Terapia familiare ultramoderna. Pelli M. (a cura
di) FrancoAngeli, Milano.
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