sabato 21 marzo 2020

Rivogliamo la nostra realtà banale e dominante!

a cura della Dott.ssa Valentina Albertini, Psicologa, Psicoterapeuta

Coronavirus, pandemia e sottomondi sociologici


Nel libro di Gianmarco Manfrida "La narrazione psicoterapeutica" (1996, Franco Angeli editore) come esempio per spiegare l'effetto emotivo dirompente delle discrepanze, viene riportato l'esempio di una conversazione in una coppia, nella quale lui le dice che sta andando al lavoro, e lei risponde: "ricordati di prendere il kalasnikow prima di uscire!".
Il lettore, a vedere queste parole, solitamente aveva un sussulto dovuto alla surreale situazione, che nessuno di sarebbe aspettato.
Mi è tornata in mente questa conversazione stamattina, prima di andare nel mio studio dove da oltre 10 giorni vedo solo pazienti online, quando mio marito mi ha chiesto "hai preso la mascherina e l'amuchina?".
Un mese fa, se lui mi avesse detto la stessa cosa, avrei richiesto un TSO.
Oggi, ho risposto "certo, stai tranquillo" e ho infilato la maschera prima di inforcare la porta.
L'epidemia di Coronavirus, e le misure precauzionali connesse, sono entrate a far parte prepotentemente delle nostre vite. Da giorni viviamo una quotidianità drogata, fatta di relazioni ridotte, sospettosità, paura, ma anche speranza e condivisione a distanza.
Tutto ciò che fino a due mesi fa sarebbe sembrato frutto di un romanzo di Stephen King, ci appare quotidiano e lo viviamo appena apriamo la porta.
Si perché, proprio come dicono Berger e Luckman (1966) in teoria, e Gianmarco Manfrida nella sua applicazione pratica, i sottomondi sociologici, realtà alternative che solitamente sono sommerse dalla narrativa dominante, sono presenti dentro e intorno a noi e, con il giusto racconto,emergono, vengono fuori.
La pandemia, la quarantena, il virus mondiale, sono storie già presenti nella narrativa individuale e collettiva. Sono sottomondi nascosti, ma possibili; presenti nei romanzi e nei kolossal holliwoodiani, hanno emozionato e terrorizzato le nostre adolescenze, sparendo come ogni incubo che si rispetti al sorgere del sole.
Tutto fino al 9 marzo 2020, quando le restrizioni del decreto ministeriale hanno reso reale un pensato che fino a poco tempo prima sembrava assurdo: bar e negozi chiusi, divieto di uscire, sicurezza sociale ad almeno un metro di distanza.
A questa vita così surreale, raccontata da amici, parenti e pazienti, sembra ci siamo abituati tutti abbastanza in fretta. Il sottomondo pandemico è divenuto realtà dominante, e ci viene istintivo allarmarci al suono di uno starnuto, od allontanarci anche alla vista degli amici.
Certo, in ogni luogo in maniera diversa e in un certo senso coerente con un'altra narrativa dominante (quella dei pregiudizi duri a morire ma in un certo qual modo veri) : ad esempio gli italiani ad impastare (non solo pizza) e a suonare (non solo mandolino) dai balconi; gli americani in coda per comprarsi un fucile a pompa, sai mai che il Coronavirus lo trovi in giardino e gli fai saltare le budella, gringo.
Tutto questo, a riprova che una narrativa plausibile, condivisa e convincente, ha una potenza di cambiamento profonda, attecchisce in breve tempo, cambia relazioni ed individui.
Quali conseguenze porterà tutto questo a livello relazionale, però, non lo sappiamo. A me, confesso, stupisce la calma con la quale la maggior parte dei pazienti sta affrontando tutto questo. Come certi sottomondi siano diventati dominanti in fretta, e anche in un certo modo pacifico.
Tornerà mai la realtà banale e dominante di un tempo? Beh si, ci abbracceremo presto e torneremo in fretta a prenderci il caffè al bar. Ma non resterà dentro di noi quel pizzico di realtà virale che ci farà sobbalzare al primo etciù? Sparirà tutto così come è arrivato? Che succederà all'economia, al welfare, al nostro modo di vivere le malattie?
Non lo sappiamo, non lo so. Certo per noi psicologi e psicoterapeuti registrare il cambiamento ed interpretarlo sarà una bella sfida, e dobbiamo essere pronti a raccoglierla.
Speriamo presto però. Vorrei tanto, se mio marito si azzarderà di nuovo a dirmi di prendere la mascherina prima di uscire, di poter chiamare il 118 e fargli un TSO.

2 commenti:

  1. Giusta riflessione e perfettamente calzante. Riflettevo, in questo momento in cui si è ribaltata la realtà dominante, i Pz con difese fobico ossessive tutto sommato mi sembra funzioni piuttosto bene. Mentre prima mettevano in atto difese congrue con il loro mondo interno ma non con quello esterno ora sono più congrui con la realtà esterna che purtroppo circonda tutti. Mi sembrano meno adattivi i meccanismi di negazione messi in atto da molti che nella realtà dominante precedente non avevano grosse difficoltà.

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    1. Scusate, non mi sono firmata! Google mi definis e Unkown ! Cristiana Bartolini, psicologa psicoterapeuta

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