a cura di Marzia Donati, Psicologa, Psicoterapeuta
In un periodo in cui il tema della
morte è prepotentemente quotidiano, il webinar della dottoressa
Sonia Di Caro, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della
Toscana, si è reso ancor più attuale del solito e ha arricchito la
tematica del distacco di sfaccettature preziose dal punto di vista
clinico.
Come psicoterapeuti siamo da sempre
chiamati a supportare le persone nell’elaborazione dei loro lutti,
sia quelli derivanti dalla morte fisica di persone significative, sia
quelli figurati per prospettive interrotte, investimenti falliti e
sogni infranti.
La dottoressa Di
Caro, con chiarezza e professionalità, ha iniziato il suo intervento
con la descrizione degli aspetti e dei contributi teorici, delle
differenze tra assenza e mancanza, tra lutto e cordoglio, delle fasi
dell’elaborazione del lutto, dell’importanza dei rituali e delle
cerimonie dell’addio, per poi definire il “lutto patologico”
nelle sue varie forme. Ha quindi illustrato alcune delle tecniche che
si possono utilizzare in terapia per accompagnare i pazienti nel
percorso di elaborazione, strumenti descritti anche nel suo toccante
(e illuminante) libro “La psicoterapia del distacco”.
Esempi clinici e piccoli frammenti
dell’esperienza personale hanno arricchito l’intervento della
Direttrice del CTR di Catania, riportando i partecipanti alla
dimensione umana della perdita. Difficile non emozionarsi e non far
correre la mente a un nostro lutto, a quel dolore e ai cambiamenti
successivi, a una mancanza o un’assenza già vissute, alla paura
per la mancanza futura di qualcuno che ci è caro.
Ed è lì, come ha detto all’inizio
del webinar la dottoressa Maria Antonietta Gulino, Presidente
dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, citando Vittorio
Lingiardi, che il nostro lavoro di terapeuti si intreccia con la vita
privata di ciascuno di noi: “Chi sceglie una professione di
aiuto spesso lo fa perché conosce il dolore. Diventerà un guaritore
ferito. Quindi chi cura va curato, chi accudisce va accudito. E
questo sarà il compito di altri guaritori feriti che sono gli
psicologi e gli psicoterapeuti.”
La condivisione del dolore di cui ha
parlato la Di Caro è (e sarà) la condizione necessaria per una sana
elaborazione del lutto: le persone, adesso, muoiono sole e chi resta
affronta il dolore della perdita altrettanto solo, senza poter
ricevere il sostegno o l’abbraccio dei familiari e senza poter dare
un ultimo saluto, mancano i consueti rituali che permettono l’esame
di realtà e la vicinanza della comunità. Oggi, più che mai, non ci
si può preparare al commiato. La traumaticità della morte al tempo
del Coronavirus non sarà facile da affrontare. “Date parole al
dolore”, insegna Cancrini, e la dottoressa Di Caro aggiunge
“toccate con mano quel dolore e trovate un modo per farlo
con-dividere, in modo che diventi sopportabile”, tenendo
presente che “quando si affronta il lutto in terapia serve una
mente fredda e un cuore caldo”. Serve lucidità, capacità di
osservazione e di auto-contenimento, per non farsi travolgere,
un’analisi accurata della situazione concreta, ma anche una
partecipazione vera, profonda e rispettosa dell’altro. Ci ricorda,
nuovamente, che le tecniche aiutano, ma la relazione cura.
Alla fine di questa emergenza dovremo
essere ben attenti a cercare un possibile lutto fra le pieghe dei
sintomi che porteranno le persone in terapia. La dottoressa Di Caro
ci ha invitato ad andare oltre le “realtà banali e dominanti”
di cui Manfrida parla, e a non sottovalutare il peso delle perdite
(avvenute in questi mesi) nella vita dei pazienti, forse anche tra un
bel po’ di tempo, per accompagnarli in un’elaborazione che
permetta loro di tornare alla vita.
Ci serviranno una mente fredda, un
cuore caldo e tanta umanità. Come sempre, più di sempre.
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