di Alessandra Melosi, psicologa psicoterapeuta, socia e didatta di CSAPR Prato.
Il presente
contributo prende spunto dalla mia esperienza come Supervisore presso
il Centro Crisalide di Pistoia, servizio specialistico che si occupa
di valutazione e cura di minori e delle loro famiglie nei casi di
abuso, violenza e grave trascuratezza. Il Centro si ispira ad
esperienze guida pioneristiche e di riferimento per tutti coloro che
vogliono operare in questo ambito, come quella del Centro Aiuto al
Bambino Maltrattato di Roma e del CBM di Milano.
Per riuscire a
cogliere la complessità dei fenomeni legati alla trascuratezza,
maltrattamento, abuso e mettere in atto efficaci strategie di
intervento è fondamentale evidenziare il “gioco relazionale”,
l’evoluzione trigenerazionale e l’esito che tutto questo ha avuto
sullo sviluppo del figlio.
Un aspetto
peculiare del lavoro in un contesto di tutela è l’assenza di una
richiesta di aiuto spontanea da parte della famiglia, che giunge alla
valutazione e all’intervento in seguito a provvedimenti del
Tribunale.
Il terapeuta si
trova ad utilizzare la richiesta della rete di tutela (Giudice,
Servizi Sociali, Comunità per minori) per raccogliere materiale su
cui lavorare. In questo contesto il terapeuta deve contrastare la
negazione del problema e tentare di raggiungere il riconoscimento del
danno inflitto ai figli da parte dei genitori. Per fare questo è
necessario adoperarsi per costruire con loro una alleanza terapeutica
e attuare interventi volti a connettere i comportamenti disfunzionali
con le rispettive storie personali.
Questa prospettiva di intervento ha come obiettivo prioritario di
preservare la relazione genitore - figlio, migliorandola ove
possibile, ma anche di valutare e individuare per il minore, nel caso
la recuperabilità genitoriale non sia possibile, soluzioni
alternative stabili al di fuori della famiglia.
Alessandra Melosi
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