giovedì 26 ottobre 2017

L'intervento nel contesto di tutela

di Alessandra Melosi, psicologa psicoterapeuta, socia e didatta di CSAPR Prato.


Il presente contributo prende spunto dalla mia esperienza come Supervisore presso il Centro Crisalide di Pistoia, servizio specialistico che si occupa di valutazione e cura di minori e delle loro famiglie nei casi di abuso, violenza e grave trascuratezza. Il Centro si ispira ad esperienze guida pioneristiche e di riferimento per tutti coloro che vogliono operare in questo ambito, come quella del Centro Aiuto al Bambino Maltrattato di Roma e del CBM di Milano.
Per riuscire a cogliere la complessità dei fenomeni legati alla trascuratezza, maltrattamento, abuso e mettere in atto efficaci strategie di intervento è fondamentale evidenziare il “gioco relazionale”, l’evoluzione trigenerazionale e l’esito che tutto questo ha avuto sullo sviluppo del figlio.
Un aspetto peculiare del lavoro in un contesto di tutela è l’assenza di una richiesta di aiuto spontanea da parte della famiglia, che giunge alla valutazione e all’intervento in seguito a provvedimenti del Tribunale.
Il terapeuta si trova ad utilizzare la richiesta della rete di tutela (Giudice, Servizi Sociali, Comunità per minori) per raccogliere materiale su cui lavorare. In questo contesto il terapeuta deve contrastare la negazione del problema e tentare di raggiungere il riconoscimento del danno inflitto ai figli da parte dei genitori. Per fare questo è necessario adoperarsi per costruire con loro una alleanza terapeutica e attuare interventi volti a connettere i comportamenti disfunzionali con le rispettive storie personali.
Questa prospettiva di intervento ha come obiettivo prioritario di preservare la relazione genitore - figlio, migliorandola ove possibile, ma anche di valutare e individuare per il minore, nel caso la recuperabilità genitoriale non sia possibile, soluzioni alternative stabili al di fuori della famiglia.

Alessandra Melosi


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